Due sagome scure in lontananza si stanno avvicinando come siluri.
Due enormi esemplari appaiati che mi vengono incontro nel mezzo del mare e che all'ultimo momento, proprio mentre penso mi abbiano scambiato per un birillo in una pista di bowling, mi scansano, sfiorandomi appena, uno a destra e uno a sinistra ed io con le braccia aperte quasi li sto toccando e li guardo negli occhioni vispi, con quel loro rostro che sembra sorridere.
Poi quando ancora non mi sono ripresa dall'emozione guardo in giù e, sotto di me, placida avanza lentamente una mamma con il suo piccolo. Sta allattando. Una dolcezza senza pari.
No, non è un sogno.. o meglio.. è il mio sogno fatto realtà!
Tutto ciò succede a Zanzibar, l'indimenticabile isola al largo della Tanzania dove ho avuto modo di apprezzare uno dei fenomeni di maree più incredibili. Ma questo sarà un atro racconto.
Qui vi parlo di Kizimkazi, una cittadina di pescatori della costa sud occidentale dell'isola.
Certo non sono l'unica ad aver provato questa emozione: da tutta l'isola arrivano qui turisti con tour che vengono organizzati in maniera abbastanza indiscriminata da hotel e tour operator carissimi; con i van climatizzati portano i turisti al mattino per uscire con i pescatori (quelli che di pesca ne praticano ben poca ormai) e prendono il largo su 5/6 barche tutte assieme che, ricolme di gente, inseguono questi pescioloni nel braccio di mare della baia.
Ma anche in questo bisogna sempre saper trovare la soluzione migliore e più eco-friendly possibile. E cosa c'è di meglio che conoscere la gente locale e uscire al tramonto in solitudine?
Come in ogni viaggio, questa esperienza l'ho organizzata in autonomia, recandomi con un dala dala direttamente al paese di Kizimkazi, rimanendo a dormire con i suoi abitanti, in una dignitosissima capanna per un paio di giorni.
Passavo le giornate tra spiagge pazzesche e mare dai colori incredibili, giocando con i bambini sotto agli enormi alberi di ebano e di mogano rosso, guardando i pescatori sistemare le reti al ritorno dalle loro battute di pesca e le donne chiacchierare tra loro affaccendate nelle incombenze quotidiane.
E fu così che un tardo pomeriggio, quando non c'era ormai nemmeno l'ombra di un turista, io esco con Hamid e la sua barca.
Raggiungiamo il mare aperto, avvistiamo subito un branco.
La barca a motore sfreccia tra le onde, mentre io assaporo il movimento veloce e sinuoso di questi abili nuotatori che sembrano volersi esibire nelle loro evoluzioni per puro gioco, attorno alla barca, quasi a voler ingaggiare una gara con noi.
Ad un certo punto, Hamid mi urla "GO GO GO". Io non capisco molto tra la velocità, il vento e gli schizzi d'acqua, ma i suoi segni concitati indicano di gettarmi in acqua.
Mentre penso "Questo è pazzo, ti pare che mi butto in acqua così? In velocità, in mare aperto, in mezzo ad un branco di delfini?" mi rispondo "Caspita sono qui per questo e se mi dice di farlo, vuol dire che poi tanto pericoloso non è!" E vinta la titubanza, mi tuffo.
Il sogno si avvera.
Sono immersa in una quantità di bolle e bollicine dovute ai miei movimenti, sott'acqua, con solo il boccaglio e le pinne; avvolta da un atmosfera ovattata, non sento più il rumore della barca, non sento più l'aria tra i capelli, non sento più nulla.
Mi sento io stessa come fossi dentro ad una bolla. Una quarantina di delfini sono tutti attorno a me.
Sembrano danzare nel loro incedere ondulato; sono veloci, eppure io vivo la scena a rallentatore.
E in un attimo non ci sono più, vedo le loro code allontanarsi.
Un attimo dopo vengo recuperata dalla barca, Hamid mi issa a bordo e ricomincia la stessa scena. Questa volta sono preparata, mi lancio al primo "GO" ed ecco!
Stanno arrivando tutti compatti verso di me. Mi sfiorano quasi, la voglia di toccarli è tanta, ma so che non sarebbe giusto. E così me ne sto lì, sospesa con le braccia aperte, aspettando che siano loro a venire da me. E' lì che accade: loro due mi puntano mentre stanno nuotando verso non si sa dove. Si avvicinano sempre più, ci guardiamo negli occhi, probabilmente vedono l'espressione estasiata del mio viso e non hanno paura, mi sfiorano passando oltre.
WOW che esperienza incredibile.
Poi lentamente li vedo allontanarsi, via, chissà dove, nelle immensità dell'oceano.
Nessuna foto può trasmettere la sensazione incredibile che si prova nel vederli liberi nel mare, la loro grande ed immensa casa.
Con Hamid, nascerà una bella amicizia. Nei giorni successivi mi porterà a spasso per la baia, in questo meraviglioso angolo di mondo dove ha la fortuna di vivere.
Il suo è un villaggio di gente povera, ma che possiede un'enorme ricchezza: la sua natura incontaminata.
Curiosità sui delfini: questi splendidi cetacei sono mammiferi. Le mamme allattano spruzzando il latte direttamente in bocca perché i piccoli del delfino non hanno labbra e di conseguenza non possono succhiare il latte.
Per comunicare utilizzano un metodo molto audace e sensibile chiamato ecolocalizzazione, una tecnica che li aiuta a segnalare prede, cacciatori o ostacoli sul cammino e che consiste nell'emissione da parte del delfino di una gamma di impulsi sonori che aiutano gli altri esemplari ad analizzare l'ambiente circostante. Il suono viene captato dai denti inferiori attraverso la percezione di vibrazioni.
Per tutti i dettagli su come raggiungere Kizimkazi, contatti e informazioni, scrivetemi pure: vi aiuterò ad organizzare un meraviglioso viaggio a Zanzibar senza spendere una fortuna.
Spero di essere riuscita a trasmettere l'emozione che ho provato io. Se si, fatemelo sapere cliccando il cuoricino e se vi fa piacere iscrivetevi a Girovagando con Gio per rimanere sempre aggiornati sulle pubblicazioni di nuovi post.
Vi aspetto con la lettura di altri racconti, alla prossima!
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